3 marzo 2005, vent’anni dopo…

Chissà perché, ma tutti o quasi tutti ricordano l’incredibile nevicata del 3 marzo del 2005, e quasi nessuno ricorda quella del 26 gennaio dell’anno successivo che durò due giorni consecutivi…

Misteri del bias cognitivo, chi lo sa…

Ma quella di vent’anni fa, come fosse oggi, è stata certamente una delle nevicate più importanti e più intense che la costa abbia mai registrato in questo millennio…

La dinamica è quella da manuale delle Giovani Marmotte…

Di quelle diventate ormai rare e che hanno allontanato la neve non solo dalla costa di casa Liguria ma anche da tutta la Pianura Padana, evento ormai diventato inconsueto anche laddove, d’inverno, era la normalità…

I giorni precedenti al 3 marzo una massa gelida in arrivo dal nord-est dell’Europa, approfittando di un’alta pressione completamente disinteressata al Vecchio Continente, entrava all’interno del Catino Padano e del bacino mediterraneo come lama nel burro…

Aria fredda, anzi gelida non solo in quota ma anche e soprattutto nei bassi strati, che andò a colmare quel Catino Padano, trasformandolo in un contenitore e serbatoio pronto per essere utilizzato al successivo fronte atlantico…

Il 2 mattina, casa Liguria, e non solo, si sveglia al gelo…

Crocetta d’Orero, alle spalle di Genova, spartiacque naturale con l’oltre giogo, registra un incredibile -11.1°C…

A Bargagli, alle 5 del mattino, spicca un valore di assoluto rilievo: -7.1°C…

Ancor più indicativi del freddo in entrata sulla nostra regione sono i -5°C registrati quella stessa mattina a Genova Castellaccio, ad appena 360 metri sul livello del mare…

Ma fa freddo ovunque, a Vicomorasso, nel comune di Sant’Olcese si sfiorano i -7°C mentre fronte mare, all’istituto Nautico di Savona, tra le 6 e le 7 del mattino, si scende a -1.5°C…

-2.5 nella mite Pegli e -3.3 a Voltri, sempre nel comune di Genova, mentre in val Bisagno, tra Struppa e Prato si sfiorano i -9°C…

E’ sempre il 2 marzo, è sempre mattino, e in località Sanda, a Celle Ligure, il termometro scende sino a -4.3°C, -5.4 a Mele e sfiora i -7 a Mignanego…

A ponentissimo, alle tre della notte, persino Imperia sperimenta gli zero gradi spaccati…

Albenga scende a -2.8°C, Stella accarezza quota -7 (-6.8°C per la precisione), mentre a Creto, nel comune di Montoggio, spartiacque naturale tra la val Bisagno e la valle Scrivia si sfiorano i -12°C…

Il gelo stordisce tutto l’entroterra e neppure poco: Rovegno -18.9°C, Alpicella -5.8°C, al lago di Giacopiane, tra le 5 e le 7 del mattino ci si barcamena intorno ai -9 con una puntata a -9.4 prima delle 6…

Il freddo invade tutta casa Liguria, da ovest ad est, senza distinzione alcuna…

Monterosso al Mare, dalla mezzanotte sino a quasi le 8 del mattino resta costantemente sotto zero, toccando una minima di -2.2°C…

Santa Margherita Vara sfonda la doppia cifra negativa e stacca un incredibile -10.6°C mentre Romito Magra si ferma a -5.3°C…

-4 il riscontro termico a Spezia, -2.8 a Levanto, -9.1 il risveglio a Sesta Godano…

Al gelo anche i passi appenninici tra i più importanti per l’evento nevoso che da lì a meno di 24 ore si sarebbe verificato su molte zone della nostra regione…

Cadibona si sveglia con oltre 7 gradi negativi (-7.3°C) mentre il passo del Turchino sfiora addirittura la doppia cifra negativa (-9.6°C)…

Insomma, l’idea del freddo, secondo me, ve la siete fatta…

E il cuscino freddo padano era lì, bello formato, e bello pronto per essere sfruttato a pieno regime dalla prima perturbazione atlantica che avesse voglia di transitare sopra le nostre teste…

Nel corso di quella giornata, risvegliatasi con un cielo ampiamente stellato, i prodromi di quella perturbazione tanto attesa quanto desiderata, cominciarono ad affacciarsi da ovest prima di bussare alla porta più occidentale e chiudere il cielo di casa Liguria in serata…

La temperatura, a Genova, dopo una minima di quasi -4 gradi registrata presso l’Università DICCA di Albaro, risale sino a sfiorare i 6 gradi positivi…

La notte successiva, quella del 3 marzo, tra le due e mezza e le tre, dal cielo comincia a precipitare qualcosa…

Dapprima in forma liquida, poi mista, infine solida…

La formazione di un minimo di bassa pressione secondario sul mare attivò immediatamente il Travaso Padano e tutto il freddo rimasto incastonato all’interno dell’oltre giogo si riversò in città e lungo la costa…

Alle di 2 di notte, il termometro dell’Università segnava ancora +4.8, un’ora dopo -0.9°C…

La precipitazione nevosa si fece fitta e a larghe falde, e permise altresì il trasferimento dell’aria fredda dalle quote superiori nei bassi strati…

Dalle 7 del mattino sino alle 14.30 il termometro dell’Università di Albaro non riuscì a salire al di sopra dei -2°C toccando una minima di giornata di -2.9…

Anche se continuò a nevischiare per ancora molte ore durante il giorno, il grosso dell’accumulo lo fece proprio fra le tre della notte e le prime ore del mattino…

A quel tempo abitavo in val Bisagno, nel quartiere di Struppa…

E questa foto, anzi, questo fermo immagine di un video andato perduto, purtroppo, risale proprio alle primissime ore di quella mattina di vent’anni fa…

Una quarantina di centimetri di neve di ottima qualità…

Certo, in giro ce ne sono di più belle, suggestive e spettacolari…

Ma lì sotto c’era la mia auto, e quella nottata non credo che la dimenticherò mai…

Manchi, cara la mia Dama, manchi da morire… ☺️

Madre Natura che regala incanti

Immaginate che dell’aria fredda entri dalla porta della Bora triestina, che attraversi tutto il Catino Padano e vada a sbattere contro le dorsali settentrionali del nostro Appennino…

Immaginate che quell’aria, trovando innanzi a sé un ostacolo orografico sia costretta a risalire lungo quei versanti…

Immaginate che risalendo verso l’alto e trovando necessariamente una pressione minore tenda ulteriormente a raffreddarsi e dunque a raggiungere piuttosto velocemente il punto di condensazione…

Ora dovete immaginare che proprio in quel momento, dal punto di condensazione in su il vapore acqueo contenuto in quell’aria inizi il suo passaggio di stato, da quello gassoso (invisibile) a quello liquido (visibile)…

Immaginate che quello è il punto in cui si forma la base delle nuvole addossate ai versanti padani del nostro Appennino…

Nubi che non sono formate da vapore acqueo allo stato gassoso ma da micro goccioline d’acqua talmente piccole che non solo restano in sospensione, ma vengono trasportate verso l’alto da quello stesso flusso che risale il versante…

Ora dovete immaginare che quelle micro goccioline di cui sono formate le nubi, anche se a temperature negative di qualche grado, come accaduto nei giorni scorsi, riescano a non solidificare grazie alla loro tensione superficiale…

Oddio, tensione de che?

Le molecole d’acqua dello strato più superficiale a contatto con l’aria sono attratte dalle molecole sottostanti e tale condizione crea una tensione visibile perché l’acqua sembra ricoperta da una sottile pellicola elastica: questo fenomeno è chiamato “tensione superficiale”…

Come quando cadono minuscole goccioline d’acqua sopra un tavolo e restano nella loro dimensione tondeggiante e non si spantegano sul tavolo…

Ecco, dovete immaginare che le micro goccioline d’acqua che formano una nube sono talmente piccole e le loro molecole talmente coese fra di loro che nonostante la temperatura esterna sia di qualche grado sotto zero resistono alla tentazione fisica di cristallizzare e passare dallo stato liquido a quello solido…

E quindi come si forma la galaverna?

Semplice, quasi semplicerrimo…

Il vento trasporta queste nubi le cui micro goccioline sono in condizione di sopraffusione (liquide ma con temperatura negativa) sino a quando non sbattono contro qualcosa che rompa quella tensione superficiale…

Un ramo, una foglia, un tronco, una ringhiera, un ostacolo qualsiasi…

Ecco, ora dovete immaginare che non appena la tensione superficiale di ogni singola micro gocciolina si rompe, la temperatura dell’aria negativa comincia a fare il suo dovere istantaneamente e la trasforma in un micro cristallo di ghiaccio…

E ogni singolo cristallo di ghiaccio che va a sommarsi dalla parte sopravento e non sottovento (ovviamente) crea quella specie di barba nevosa, quasi mai pericolosa perché molto friabile e leggera che disegna scenari incantati e incantevoli…

L’esempio, qui di seguito, immortalato da Carla Paganini verso il Passo Cento Croci e l’Alta Via è quasi commovente…

E che nulla c’entra con il gelicidio…

Meraviglia 🥰

Galaverna e gelicidio

Galaverna e gelicidio…

Due fenomeni completamente diversi ma che spesso confondiamo…

E invece la terminologia è importante…

Eh, lo so, detto da me non è molto credibile… 🤣🤣🤣

Ma occorre distinguerne assolutamente non solo come si formano, ma anche gli effetti al suolo…

Che sono completamente diversi…

La galaverna si forma, in montagna, in una giornata come questa…

Immaginate correnti fredde e umide che dal catino padano si spingono verso la nostra catena appenninica…

Sono costrette a risalire il versante contro il quale impattano e salendo raffreddano ulteriormente…

Raffreddandosi ancora di più raggiungono il punto di condensazione e formano delle nubi addossate ai versanti e che avvolgono le vette dei nostri Appennini…

Ora immaginate che a quelle quote la temperatura sia sotto zero…

Come accaduto quest’oggi…

Le nubi sono formate da miliardi di micro goccioline di acqua sopraffusa…

Cosa significa sopraffusa?

Che restano allo stato liquido nonostante le temperatura al di sotto dello zero perché sono talmente piccole che la tensione superficiale di ogni singola gocciolina crea una sorta di protezione e non le fa ghiacciare…

Avete presente quando cade poca acqua sul tavolo e si scompone in tante piccole gocce tonde?

Perché restano tonde e non si spantegano sul tavolo?

Per la stessa ragione…

E’ la tensione superficiale che le fa mantenere quella forma sferica senza farla spiattellare sul piano orizzontale…

Quell’aria giunta sulla cima della montagna sposta le nubi contro gli oggetti presenti, i rami degli alberi, le ringhiere, le foglie e tutto ciò che trova…

L’urto di tutte quelle micro goccioline contro un ostacolo fa si che si spezzi quella tensione e congeli all’istante…

Formando un micro cristallo di ghiaccio, al quale se ne aggiunge un altro, un altro e un altro ancora…

L’effetto è quello di una nevicata senza che sia caduto un solo fiocco di neve…

Creando forme leggerissime e allungate nella direzione del vento…

Il gelicidio, fenomeno altrettanto spettacolare ma decisamente più pericoloso, si forma invece quando piove a temperature negative…

Com’è possibile che piova sotto zero?

Dopo un’irruzione di aria particolarmente fredda, l’aria gelida tende a depositarsi al suolo, all’interno del catino padano (che di fatto è una conca chiusa da tre lati dalle Alpi e dagli Appennini) e all’interno delle valli del nostro entroterra…

Può accadere che al passaggio di un fronte perturbato, il richiamo sciroccale in quota sia talmente forte e talmente caldo (più leggero) che sovrascorre l’aria fredda (più pesante) che si è depositata nei bassi strati riparati dalle montagne…

La precipitazione, d’inverno, che parte quasi sempre solida (neve) attraversa il flusso sciroccale caldo, fonde e diventa pioggia…

Pioggia che quando raggiunge il suolo, gli strati più bassi in cui resistono sacche di aria sotto lo zero, gela creando appunto il gelicidio o vetrone…

Che è ben altra cosa, sia in termini di consistenza che in termini di pericolo per la viabilità e le piante che riescono a sopportarne sino un certo peso, poi rischiano il collasso o la rottura dei rami…

Vi lascio con lo spettacolo della galaverna immortalato quest’oggi dal nostro solito Andrea…

Ma nella prima immagine, vi metto il confronto tra i due fenomeni…

E direi che rende, belin se rende… 🥰

Bonnuì 😘